Assembramenti? 2 pesi e 2 misure

Mascherina1di Nino Mallamaci*-Nei prossimi giorni, ne sono quasi certo, mi arresteranno. Sì, perché se si avvicinerà qualcuno degli sceriffi che girano per la città - non di loro iniziativa ma perché mandati dai capoccioni chiusi nei Palazzi - a chiedermi di "distanziarmi socialmente" io disobbedirò all'ordine dell'Autorità. Antigone "de noantri", non accetterò imposizioni applicate a giorni alterni, a capriccio di chi ritiene di detenere un potere illimitato, di vita o di morte, sui propri sudditi. Si fa un gran parlare di ripartenza, di comunione d'intenti, di supporto a chi rischia di non farcela. Poi, nei fatti, succede di assistere a scene inverosimili, clamorose: vergognose.

La mattina si tollerano centinaia di persone attaccate l'un l'altra, prive di mascherina, potenziali portatori di virus, scese in piazza Duomo per festeggiare la promozione della Reggina in serie B. La sera stessa, e quelle successive, le ronde legalizzate (e meno male che sono stati cassati, a furor di popolo, gli assistenti civici!) vanno a controllare che vicino ai locali che sono stati in grado di riaprire si osservino le norme sul distanziamento. E vai con le multe e con le chiusure. Come se le serrande abbassate non costassero entrate vitali per mantenere in essere attività le quali, in una città economicamente depressa e in un periodo drammatico, costituiscono l'unico mezzo di sostentamento per decine e decine di nuclei familiari. Ma se la manifestazioni di giubilo di lunedì mattina erano il frutto spontaneo e non programmato della felicità dei reggini, la festa sul lungomare è stata annunciata e reclamizzata, e quindi autorizzata. Nessuno di quelli che, al riparo dei loro stipendi sicuri e spesso immeritati, hanno consentito che la celebrazione si svolgesse; nessuno di "lor signori" ha pensato alla pericolosità di un tale assembramento?

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E nessuno ha pensato di esercitare il controllo per evitare di trasformare una festa di popolo in un possibile, se non probabile, contagio di massa? Delle due l'una: o il pericolo è cessato, e quindi andare a distruggere il lavoro dei nostri concittadini costituisce un abuso ingiustificato da ogni punto di vista. Oppure il rischio esiste ancora, e allora è da irresponsabili consentire riunioni di massa con migliaia di persone. E, come se non bastasse, molti titolari di locali sono ancora in attesa delle autorizzazioni per occupare il suolo pubblico, soluzione indicata da tutti, compresi coloro che poi oggettivamente ne ostacolano l'attuazione, per dare supporto e sostegno agli imprenditori e ai lavoratori in una terra dove vivere all'aperto è un'opportunità concreta e corrisponde al desiderio della maggioranza. Insomma, ancora una volta bisogna agire: possibilmente in silenzio e senza proclami, obbligatoriamente trattando situazioni identiche allo stesso modo, evitando disparità che conducono dritte all'esasperazione. Altrimenti verrà il momento della disobbedienza. Ha scritto il presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky che "dai tempi della rivolta dell'Antigone di Sofocle (l'obbedienza alle leggi) è il grande dilemma del diritto". Si può sopportare, ma fino a un certo punto. Poi viene il momento di opporsi, civilmente, all'arbitrio e al sopruso.

*Avvocato e scrittore